Ho preparato un piccolo estratto del Canto VI del Purgatorio dalla Divina Commedia di Dante Alighieri, composta secondo i critici tra il 1306/7 e il 1321, mentre il poeta era in esilio in Lunigiana e Romagna.
Ho scelto le parti "attuali" del Canto evitando quelle riferite in specifico all'imperatore, mentre alcuni riferimenti alla Firenze del tempo di Dante sono perfettamente aderenti all'Italia di oggi. Il sommo poeta ha espresso tutto, spiace che siano passati 700 anni e non mi pare sia cambiato molto, i guelfi e i ghibellini imperversano con la stessa brama di potere celata dietro parole quali libertà, democrazia e giustizia. Altro da dire non c'è, se non il consiglio a considerare le affermazioni dei politici e il loro mutamento di direzione nel giro di poche ore o giorni, in funzione del loro interesse personale, di partito o di movimento e non nell'interesse del paese. E quando mi riferisco ai politici intendo TUTTI, proprio tutti, mi spiace...
Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! e ora in te non stanno sanza guerra li vivi tuoi, e l'un l'altro si rode di quei ch'un muro e una fossa serra. Cerca, misera, intorno da le prode le tue marine, e poi ti guarda in seno, s'alcuna parte in te di pace gode… Che val perché ti racconciasse il freno Iustiniano, se la sella è vota? Sanz'esso fora la vergogna meno…
E se licito m'è, o sommo Giove che fosti in terra per noi crucifisso, son li giusti occhi tuoi rivolti altrove? O è preparazion che ne l'abisso del tuo consiglio fai per alcun bene in tutto de l'accorger nostro scisso? Ché le città d'Italia tutte piene son di tiranni, e un Marcel diventa ogne villan che parteggiando viene. Atene e Lacedemona, che fenno l'antiche leggi e furon sì civili, fecero al viver bene un picciol cenno verso di te, che fai tanto sottili provedimenti, ch'a mezzo novembre non giugne quel che tu d'ottobre fili. Quante volte, del tempo che rimembre, legge, moneta, officio e costume hai tu mutato e rinovate membre! E se ben ti ricordi e vedi lume, vedrai te somigliante a quella inferma che non può trovar posa in su le piume, ma con dar volta suo dolore scherma |
Ahi, Italia, schiava, albergo di dolore, nave senza guida in una tempesta, non donna rispettabile, ma prostituta! ed ora in te non stanno senza farsi guerra i tuoi abitanti; e si combattono l’un l’altro coloro che vivono nella stessa città. Cerca, o misera nazione, lungo le tue coste che cingono i tuoi mari, e poi guardati dentro, se esiste una parte di te che vive in pace… A cosa è servito che Giustiniano ristabilisse la forza del Diritto, se poi la sella è vuota? Senza questo fatto almeno la vergogna sarebbe minore… E se mi è concesso, o sommo Dio che fosti crocifisso per noi in terra, sono i tuoi occhi giusti rivolti altrove? O forse è preparazione, nell’abisso della tua mente, di un bene imprevedibile e del tutto estraneo alla nostra comprensione? Poiché le città italiane sono tutte piene di tiranni, e un villano che appartiene a una certa fazione può divenire un Marcello. Atene e Sparta, che scrissero le antiche leggi e furono così civili e strutturate, fecero per il bene comune piccole cose in confronto a te, che crei così arguti provvedimenti, che a metà novembre non arriva ciò che avevi deciso ad ottobre. Quante volte, nel periodo di tempo che ricordi, legge, moneta, istituzioni e usanze hai cambiato, ed anche la cittadinanza! E se ti ricordi bene e vedi con coscienza, ti vedrai simile a quella vecchia malata che non riesce a riposarsi neanche su un materasso di piume, e cerca sollievo dal dolore continuando a girarsi. |