In qualsiasi occasione: successi sportivi, scientifici, artistici, industriali o catastrofi naturali, economiche, culturali, l'atteggiamento principale degli italiani è quello di essere "contro".
In democrazia il dibattito è fondamentale, è necessario per la crescita politica, culturale, esistenziale; il vocabolario ci dice che il "dibattito o discussione è la trattazione di un tema attraverso un confronto dialettico tra due o più interlocutori, ciascuno dei quali rappresenta posizioni diverse".
È vero che non viene specificato “in modo rispettoso e civile”, ma il buon senso suggerisce che tale atteggiamento sia implicito.
Ho iniziato a interessarmi di politica, scienza e cultura intorno ai 15 anni e da quel tempo ho assistito a molti dibattiti; l’atteggiamento dominante è quasi sempre stato, oggi più di ieri, quello di “distruggere l’altro”. Non è importante la ricerca del vero o della soluzione migliore; non è importante scoprire il punto che potrebbe unire per trovare una conclusione comune, una spiegazione, un chiarimento, che porterebbero forse verso un miglioramento. Perché questo non avviene?
Semplicemente perché l’obiettivo dei dibattiti non è quasi mai la ricerca del vero, della soluzione migliore, di una conclusione comune, di una spiegazione, di un chiarimento, del miglioramento della qualità di vita; ma il prevalere sull’altro dimostrando che se proprio non incarna il male assoluto, allora è stupido, corrotto, incompetente, ignorante.
In effetti in Italia i corrotti, gli incompetenti e gli ignoranti abbondano, ma ciò non giustifica un atteggiamento “contro” aprioristico, indipendente dalla qualità dell’interlocutore.
L’obiettivo in realtà è la conquista del consenso e del potere, non in funzione delle proprie capacità e qualità, ma per evitare la “mostruosità” dell’altro. Questo atteggiamento è utile soprattutto in politica, perché così si possono presentare programmi fumosi, improbabili, confusi, non realizzabili: essi sono secondari, la cosa importante è impedire al "male" di prevalere. Una volta evitato il male, se i programmi non vengono attuati la colpa è sempre di chi c'era prima o di chi continua a remare contro e sì perché a quel punto, chi ha impedito al "male" di prevalere, è diventato a sua volta il "male" da distruggere! Funziona così dal 1948 e peggiora da quegli anni in modo progressivo.
Credo sia necessario un dibattito basato sul “per” e non sul “contro”, dove l’eventuale mostruosità dell’altro, ammesso che esista, sia comunque secondaria rispetto al progetto che si desidera presentare. Finché continueremo a muoverci per distruggere e non per costruire temo che la qualità di vita non migliorerà.
Scrivo questi pensieri perché spero che di fronte all’ennesima catastrofe prevalga la “reale” ricerca di soluzioni e non il solito sciacallaggio.
Tra l’altro: ho sempre imparato di più da quelli che non la pensano come me, anche se quelli che la pensano come me mi sono più simpatici!